La BCE ammette la truffa dell’ EURO, con tanto di documento ufficiale

La BCE ammette la circostanza che se il debito pubblico è denominato in propria valuta nazionale lo Stato non può mai fallire.

La BCE – Banca Centrale Europea – in un suo dossier dal titolo “Monetary-fiscal interactions and the euro area’s vulnerability” (Interazioni monetarie e fiscali e vulnerabilità dell’area dell’euro), conclude molto chiaramente che: “In an economy with its own fiat currency, the monetary authority and the fiscal authority can ensure that public debt denominated in the national fiat currency is non-defaultable, […]”, che tradotto significa In un’economia con la propria valuta fiat (creata dal nulla – nda), l’autorità monetaria e l’autorità fiscale possono assicurare che il debito pubblico denominato nella moneta fiat nazionale non possa fare dafault […]”!

Noi lo scriviamo da anni, ma gli euristi più agguerriti ci offendevano con denigrazioni e argomentazioni da contabili di basso livello. “Con nostra sovranità monetaria faremmo la fine dell’Argentina” dicevano paonazzi! Non avevamo certamente bisogno che qualcuno desse ragione alle nostre tesi, ma ora che anche la BCE ammette la circostanza che se il debito pubblico è denominato in propria valuta nazionale fiat lo Stato non può mai fallire, capirete che il gusto della verità ha un sapore ancor più gratificante.

A tal proposito non si può non richiamare il principio della “Lex Monetae” nel caso di un’uscita dell’Italia dall’euro, di cui si è già scritto sulle pagine di questo giornale. Ciò premesso, per evitare che qualcuno faccia finta di non capire, è bene ribadire il principio: nel caso in cui implodesse prima l’Eurozona, troverebbe applicazione l’art. 1277 del codice civile, quindi senza particolari problemi nell’attuazione pratica e nelle conseguenze.

Se invece ad uscire fosse solo l’Italia (uscita unilaterale) troverebbe applicazione l’art. 1278 del codice civile, che è una iattura, infatti il peso della svalutazione della Nuova Lira inciderebbe negativamente sulla maggior parte dei rapporti di debito e credito fin lì contratti (come ad esempio sui mutui a tasso variabile, che vedrebbero un’impennata connessa alla svalutazione della moneta).

Ma attenzione! E’ qui che entra in gioco il primo comma dell’art. 1281 del codice civile, il quale richiama il principio lex specialis derogat generali” (“la norma speciale deroga quella generale”): cioè il Governo, con quello stesso decreto di uscita (o con decreto immediatamente successivo), dovrebbe necessariamente stabilire che i rapporti di debito e credito espressi in euro debbano essere disciplinati in nuova moneta nazionale al cambio previsto alla data di uscita (il changeover, cioè 1:1), e non a quella del termine di scadenza previsto per il pagamento (che includerebbe, appunto, la svalutazione della “Nuova Lira”).

E questo il Governo non potrebbe non farlo, altrimenti provocherebbe un disastro per milioni di cittadini e imprese! Tutto ciò rientra appunto nel principio della “Lex Monetae”, ma i soliti euristi da strapazzo non ne vogliono neppure parlare. E nemmeno i giornaloni nazionali ne scrivono, tant’è che l’iniziativa del prof. Zingales su IlSole24Ore si è ridotta in un esperimento a voce unica (o quasi): tutti a favore dell’euro! Tutti a prevedere catastrofi nel caso di un’uscita unilaterale dell’Italia dalla moneta unica.

Ma fa niente. In fin dei conti sono sempre gli stessi, cioè quelli che prevedevano scenari apocalittici e invasioni di cavallette nei casi di vittoria della Brexit in Gran Bretagna, di Trump negli Stati Uniti d’America e del No al referendum costituzionale in Italia. Tutti accadimenti puntualmente verificatisi senza alcun tipo di conseguenza nefasta!